Meta del nostro recente girovagare veneziano è la Fondazione Querini Stampalia, dove giungiamo dopo esserci addentrati da Strada Nova per calli e campi fino a raggiungere Campo Santa Maria Formosa.
La nebbia si è alzata sui canali e ci accingiamo ad entrare alla Fondazione Querini Stampalia.
Iniziamo la visita dallo spazio dedicato alla corte centrale, fulcro e snodo tra le aree, il bar, la sala video, con una vela trasparente come copertura, che permette alla luce di illuminarla completamente.
Al primo piano trova spazio la biblioteca, fruibile da studenti e utenti registrati e pertanto non possiamo visitarla.
Ci dirigiamo al secondo piano che ospita il Museo il quale racchiude all'interno delle stanze e degli spazi casalinghi della famiglia Querini, la collezione di opere raccolte e collezionate nel tempo da Giovanni Querini per passione personale e probabilmente per poter far valere il proprio nome e il proprio ruolo all'interno del Consiglio della Repubblica Serenissima.
Le opere sono numerose tele con le rappresentazioni classi e tipiche di inizio Ottocento e suddivise nelle varie sezioni, una per ogni stanza. Si lega infatti il tema delle opere con la destinazione d'uso del locale che le ospita.
Tale suddivisione permette di rileggere le opere anche in relazione alla vita della città lagunare e le abitudini delle nobili famiglie veneziane ed in particolare quelle della famiglia Querini.
Al terzo piano si trova l'area dedicata agli eventi e alle esposizioni temporanee.
In questo periodo è ospitata una esposizione su John Baldessari che non conoscevamo. Scopriamo così uno dei maggiori esponenti dell'arte concettuale, la sua opera e l'evoluzione dalle tecniche artistiche tradizionali fino alle opere sperimentali che esplorano la quotidianità, le azioni semplici, gli oggetti di uso comune.
Interessanti le serie fotografiche, in particolare quelle di interazione con lo strumento televisivo, soprattutto contestualizzando tali interventi artistici e le opere nel tempo (anni 1970), quando l'uso di immagini e video era ancora una forma di rappresentazione statica del reale e non ancora un modo di esprimere e trasmettere un concetto o un messaggio.
Alcune opere sembrano banali e ridondanti se pensate al tempo attuale, dove tutto si è trasformato e dove tutto parla per immagini. Va ricordato però che Baldessari operava in tempi non sospetti, precursore delle più moderne rappresentazioni artistiche per immagini.
Completata la visita della mostra temporanea e di questa porzione della Fondazione, le cui cure architettoniche sono state affidate nel tempo a Mario Botta e Michele De Lucchi, scendiamo al piano terra dove ammiriamo (ancora una volta) l'area Scarpa, la porzione sapientemente ristrutturata da Carlo Scarpa.
Ambienti suggestivi e luminosi dove si ritrovano gli elementi tipici dell'architettura di Scarpa: i materiali, le connessioni tra loro, la luce, l'acqua. Sapiente opera di gestione degli spazi per trasformarli in area espositiva.
Qui Carlo Scarpa sfrutta l'acqua del canale per fare entrare il rumore negli ambienti creando una connessione tra esterno e interno. L'acqua quando inizia ad alzarsi fino a livelli pericolosi per la città, in questi locali crea percorsi che consentono ugualmente la fruibilità degli stessi. Qui è quasi piacevole vedere l'acqua alta farsi strada.
Bellissimo e suggestivo il giardino interno, dove l'acqua scorre, simbolo di vita, creando movimento e rumore, sgorgando da una fontanella fino ad arrivare allo scolo attraversando marmo, ferro e cemento dalle forme suggestive e studiate nel minimo dettaglio.
Riempiti tutti i sensi di tanta bellezza visitiamo il bookshop prima di uscire dalla Fondazione Querini Stampalia.
A questo punto iniziamo a camminare per le calli di Venezia, osservando le architetture dei palazzi e delle chiese, ascoltando il rumore e l'ondeggiare dell'acqua e le voci dei veneziani e dei turisti, molti accorsi in città per la proclamazione dei laureati chiassosi nei loro festeggiamenti.
Ci perdiamo qua e là tra la Fenice, Rialto, San Rocco, i Tolentini il cui chiostro interno visito per la prima volta uscendo poi attraverso l'ingresso pensato per lo IUAV da Carlo Scarpa.
Continuiamo a girovagare fino a Piazzale Roma per poi rientrare verso la Stazione ferroviaria Santa Lucia.
Oggi è pure capitato di imbattermi più volte nell'amico Franz Falanga (chissà come se la ride lassù) avendo trovato in più bookshop il suo libro sulle Invarianti nella Tomba Brion.
Con tutti questi stimoli, qualche ricordo del passato (tra cui Franz) e tanta bellezza ripartiamo in treno dando le spalle alla città attraversando il ponte della libertà e osservando la laguna e la città che vengono avvolte da una nebbia leggera mentre cala la luce.









































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