domenica 28 febbraio 2016

Energia Mediterranea di Antonio Di Palma. La scultura che diviene paesaggio.

Antonio Di Palma negli anni ottanta era considerato uno dei giovani più promettenti delle nuove avanguardie artistiche italiane. 

un giovanissimo Antonio Di Palma

Biografia di Antonio Di Palma
Nasce a William Lake (Canada) nel 1963. 
Studia a Firenze, in seguito sperimenta tecniche scultoree indisciplinate difficilmente da distinguere tra scultura vera e propria ed altre forme ad essa assimilabili (installazioni, ready made, interventi sul territorio, ecc.). 
La sua pittura è informale con il rifiuto di qualsiasi forma figurativa o astratta. La sua sperimentazione si ispira a grandi della tradizione pittorica come Masson, Duchamp, Kandinskij, Mondrian e Albers. Artista dal virtuosismo tecnico, fino al 1980 si divide tra l’Italia (Firenze) e il Canada. 
Studia la scultura primitiva policroma creando opere che si esauriscono in poche linee essenziali, applicando colori in pasta entro incassature della pietra e cercando di valersi del cromatismo architettonico (ottenuto con rivestimenti in lastre di pietra, mattoni o intonachi colorati e sottolineato dall'impiego dei metalli) per far risaltare la plastica architettonica. Non mancano inoltre tentativi di sfruttare il valore costruttivo del colore per accentuare o attenuare con toni d'intensità digradante le masse e i ritmi. 
Esordisce con una prima mostra a Firenze, alla Galleria Vivita nel 1985, con una presentazione di Achille Bonito Oliva. 
Molti altri critici d’arte, artisti e curatori recensiscono con attenzione la sua opera, fra i quali lo storico Renato Barilli, Giuseppe Chiari, Sergio Risaliti.
Il 1989 ha segnato una svolta molto importante per l’attività di Antonio Di Palma. Presentato dal critico Enrico Pedrini e vincitore di un concorso internazionale per giovani scultori promosso da Antonio Presti.
Successivamente lasciò per scelta e dissenso gli ambienti delle gallerie e delle Biennali, ritirarandosi in montagna a Barbiana, un piccolo borgo nella provincia fiorentina. Qui Antonio Di Palma continua a sperimentare e lavorare in modo indipendente.
Nel 2011 torna ad esporre, dopo un lungo periodo in cui si ritira a vita privata senza mai smettere di progettare e creare, nella collettiva  “Dialoghi con l’antico” a Villa Adriana, Roma.
Nel 2014 e nel 2015 nuove esposizioni con alcune opere dedicate a Don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana che visse e compì la sua opera pastorale proprio nei luoghi dove Antonio Di Palma vive e lavora.


Oggi voglio dedicarmi in particolare ad una sua opera del 1990, Energia Mediterranea.
L'opera è stata realizzata all'interno della Fiumara d'Arte, parco artistico pensato ed ideato da Antonio Presti che ha costituito attorno alla Fiumara di Tusa un nuovo ed eccezionale comprensorio artistico, culturale e paesistico di rilievo internazionale. 

Un'onda blu che idealmente lega la montagna al mare, un guizzo di energia in mezzo alla natura selvaggia. L’opera che si esaurisce in poche linee essenziali e si inserisce nella natura contemplandola, è un manto azzurro che sale e poi scende dolcemente, e che nella sua essenzialità sembra un movimento vibrante per uno schizzo di luce cosmica. La scultura non è monumentale nel senso della verticalità, ha piuttosto un rapporto orizzontale e sinuoso di contatto con la natura: una grande onda di cemento blu come gonfiata dal vento, un segno d'acqua solidificato sulla montagna, come quell'orizzonte di mare che si vede in lontananza e la sua materializzazione fisica sul posto che sospende ogni domanda nell'incantamento.
tratto dal sito www.ateliersulmare.com



 



Si tratta di una scultura monumentale, date le dimensioni (lunga 20 metri e alta 5), che si fonda con il paesaggio circostante in un tutt'uno cromatico ed emozionale.
La struttura sinuosa è realizzata 
in cemento armato e dipinta di blu, uno dei colori che più incontriamo nell'opera di Antonio Di Palma, colore che per esempio predomina nelle ultime opere dedicate a Don Lorenzo Milani.

Energia Mediterranea è un esempio concreto di come la scultura possa divenire installazione ed elemento architettonico e paesaggistico, divenendo con il passare del tempo, essa stessa paesaggio.

venerdì 26 febbraio 2016

La dualità di Alvar Aalto: l’architettura e il design.

Alvar Aalto è uno tra i più famosi architetti e designer del secolo scorso.
Dopo aver conseguito il Diploma in Architettura ad Helsinki intraprende un percorso professionale e progettuale durante il quale avvicina architettura e design.

Alvar Aalto

Non a caso uno dei lavori più importanti e famosi di Aalto è la progettazione del Sanatorio di Paimio in Finlandia, suo paese natale. 
Questo edificio, oltre ad essere il primo progettato da Alvar Aalto, è completamente arredato con mobili disegnati dallo stesso progettista in ogni dettaglio, dal mobilio all’illuminazione. L’ospedale, inizialmente dedito alla cura della tubercolosi, risulta tutt’ora attivo ed è possibile visionare quasi completamente l’opera di Aalto.

Questa duplicità di intenti, l’architettura ed il design, ha dato la possibilità a questo straordinario progettista di giocare e sperimentare con i diversi materiali.

Il vetro fu uno di questi materiali sperimentato fino al punto di riuscire a realizzare una delle icone del design finlandese, il vaso Aalto, per il quale non è mai stato indicato un uso specifico. La volontà del progettista era infatti quella di lasciare liberi i fruitori dell’oggetto e di utilizzarlo a proprio piacimento in qualsiasi modalità e con qualsiasi funzione.


Intensa fu l’attività dedicata al legno con molte sperimentazioni con il legno curvato e multistrato, che lo portò a creare molti arredi e lampade.

E’ proprio grazie a tali sperimentazioni che Alvar Aalto studia inventa e brevetta nel 1933, la famosa gamba a L, elemento simbolo della progettazione dei suoi mobili grazie alla forma gradevole e nuova e alla sua funzionalità, specie alla facilitazione del fissaggio delle varie componenti del mobilio.


Lo stesso progettista riteneva questo elemento uno dei suoi risultati più riusciti, in quanto elemento innovativo e rivoluzionario del mondo del design. Lui stesso paragonava questa intuizione pari a quella della colonna, definendo la gamba a L “la sorella minore della colonna”.


Alvar Aalto e le sue opere rimangono ancora oggi attualissime e ricercate, grazie anche alla ricerca d’uso di materiali semplici e naturali.

martedì 23 febbraio 2016

Carlo Scarpa e il monumento alla Partigiana ai Giardini della Biennale di Venezia

A Venezia c’è un monumento che commemora le donne che parteciparono alla liberazione dal nazifascismo.

Si tratta del monumento alla Partigiana, realizzato da Augusto Murer (Falcade 1922 – Padova 1985) nel 1961: un'opera in bronzo in cui l'artista raffigurò il corpo di una partigiana steso a terra.

Carlo Scarpa, che creò il basamento, immaginò che il modo più corretto e spontaneo di osservare l'opera fosse quello di posizionarla in un punto più basso rispetto all'osservatore. La soluzione prescelta fu quella di realizzare un cassone galleggiante in ferro-cemento con la superficie superiore rivestita in lastre di rame su cui poggia il bronzo dell'artista in modo da far apparire la statua quasi adagiata sul pelo dell'acqua; dal bordo della Riva dei Giardini, grazie a una sapiente interruzione nel parapetto in mattoni, il passante può entrare nell'area del monumento.

Purtroppo la tecnologia dell'epoca e i materiali non idonei, unitamente all'aumento del moto ondoso, privarono l'opera praticamente da subito del galleggiamento, prerogativa indispensabile, e così nel 2009, centenario della nascita di Carlo Scarpa, il comune ha provveduto ad un restauro integrale del monumento per riportarlo al suo aspetto originario.

Venezia alla partigiana . foto di giorgio de luca 2014

Venezia alla partigiana . foto di giorgio de luca 2014

mercoledì 17 febbraio 2016

Questa pedemontana potrebbe diventare una magnifica porta d’ingresso alle Dolomiti: Franz Falanga racconta la pedemontana trevigiana.

L'amico e architetto Franz Falanga ci accompagna attraverso la pedemontana trevigiana. Barese di nascita e veneto di adozione, vive e conosce queste terre che descrive in questo suo scritto.
Una semplice ed essenziale guida "urbatettonica" della pedemontana trevigiana
Franz userebbe la parola "urbatettonica", come del resto fa nel testo, per unire l'aspetto urbanistico ed architettonico.

La pedemontana vista dal selciato del Tempio del Canova a Possagno


IL MIO GRANDE VENETO

Grande una volta, all'oggi è diventato come il resto dell’Italia, una spaventosa colata di cemento, di mattonelle e di asfalto. Tutte le strade che vanno dalle Prealpi alla pianura padana, una volta avevano la pavimentazione a selciato, in seguito sono state tutte asfaltate. Per questa ragione, quando piove, l’acqua arriva con gran velocità in pianura. Invece, quando c’era il selciato, l’acqua era drenata dalla pavimentazione delle strade e in pianura ne arrivava poca e lentamente. I boschi all'oggi quasi tutti non hanno più la manutenzione dell’uomo, per cui il sottobosco si è sempre più gonfiato con foglie secche, ramaglie e quant'altro, che hanno fatto diventare la terra sotto gli alberi come fosse gomma piuma per cui il terreno anziché bersi o drenare le acque piovane se le tiene in superficie, per cui in questa regione, le Prealpi, dove prima le nebbie erano rare, oggi sono aumentate di intensità.
In tutto questo disastro si salva la pedemontana dove abito io. Parliamo dal punto di vista urbatettonico. Partiamo da Crespano del Grappa, attraversando Possagno, Cavaso del Tomba per arrivare fino a Pederobba. Questa lunga stringa, una ventina di chilometri, è fortunatamente restata fuori dalle devastazioni urbanistiche e speculative, per cui il paesaggio si è relativamente salvato. Per esempio la case sono tutte  a due tre piani, per cui, quanto meno, c’è un’omogeneità dimensionale. La caratteristica ahimè negativa è che tutta questa zona ha una manutenzione scadente.
Basterebbe rifare il manto stradale, attualmente completamente rappezzato, ritinteggiare le architetture e le edilizie, che comunque non sono invasive, e fare inoltre qualche restauro ben fatto. A proposito di restauro, a Possagno c’è un vecchio albergo credo risalente ai primi del novecento in stato di totale abbandono da una quindicina di anni. E’ di rara bellezza e semplicità, Bianco e con due grossi portoni con doghe diagonali in legno dipinto di azzurro, così come d azzurro sono dipinti i serramenti esterni. Il bianco e l’azzurro ormai sono stati malmenatati dal tempo, basterebbe  quanto meno ridipingere l’esterno così com'era e inoltre renderlo di nuovo abitabile. Non so come siano le condizioni degli interni, mi dicono che sono state vandalizzate. Pensate che il grande mobile/bancone del bar è un meraviglioso esempio di liberty. Mi verrebbe da dire che vale quasi quanto l’albergo. E nessuno fa niente. La vita scorre tranquilla qui in questa bellissima pedemontana, senza guizzi culturali interessanti e continui. Pensate che a Possagno si trova la Gipsoteca del Canova che è nato a Possagno. Vedo dei pullman con anziani e qualcuno con scolaresche che, lentamente e senza alcun entusiasmo, vanno a vedere i gessi del Canova. Una parte della Gipsoteca è stata progettata da Carlo Scarpa. Sto parlando un turismo inefficace mordi e fuggi.
Questa pedemontana potrebbe diventare una magnifica porta d’ingresso alle Dolomiti, e invece no. Per esempio a Cavaso c’è una splendida chiesa romanica alla quale, ai primi del novecento “incollarono” sula facciata originale una facciata tardissimamente barocca  e nascosero l’abside in un bussolotto di mattoni. Credo che la stessa cosa sia capitata alla chiesa di Pederobba. Nel Veneto non ci sono molte chiese romaniche e, quelle che ci sono, sono bellissime,  valga per tutte la superba chiesa romanica di Caorle, che ha un campanile rotondo staccato dalla chiesa e sistemato esattamente di fronte alla facciata, una rarità.  Nella Pedemontana già si possono notare le prime avvisaglie formali delle architetture alpine in certi particolari di ferri battuti, in certe guglie di campanili con la cuspide a cipolla e in tanti cancelli in legno in tutto simili a quelli della Val Gardena.
Questa Pedemontana si affaccia, guardando verso Nord,  a destra sulla Feltrina/Piave che è una delle due  vie di accesso alle Dolomiti mentre la seconda si trova a una ventina di chilometri sulla sinistra andando verso Bassano del Grappa bagnato dal Brenta a sua volta contrappuntato dalla Valsugana. Quindi la posizione è strategica ed è da valorizzare in ogni modo. Per intenderci, Bassano del Grappa e Feltre sono due bellissime cittadine. Se unissimo Bassano a Feltre e tutte e due ad Asolo a Sud, avremo uno splendido triangolo ancora fortunatamente poco contaminato, rispetto all'intero Veneto. Bassano, Feltre ed Asolo meritano un visita accurata e gradevolissima. Fermo restando che il nucleo centrale di questo triangolo, a ridosso delle Prealpi parecchio gradevole, lo ripeto, è formato, Giardinello, venendo da Bassano, da Crespano del Grappa, da Possagno, da Cavaso del Tomba e da Pederobba.
Purtroppo questa stringa delle magnifica Pedemontana è assopita, dormicchia. Mentre potrebbe ruggire e potrebbe filtrare tutti quelli che vanno sulle Dolomiti d’inverno e d’estate. Lo ripeto, fortunatamente la speculazione edilizia qui non è arrivata. Forse perché i valligiani sono un po’ pigri. Càpita in urbanistica. 
A Bari la speculazione, specialmente nella zona ottocentesca è stata devastante, mentre a Trani magnifica cittadina sul mare Adriatico, a circa quaranta chilometri a nord di Bari, essendo i tranesi un filino più “pigri” come i miei pedemontani, sono riusciti a non devastare il loro bellissimo centro ottocentesco.
Questa è la situazione.
franz falanga

L'ala Scarpa della Gipsoteca di Possagno

venerdì 12 febbraio 2016

Addio al papà della moka, vera icona del design italiano

Un omaggio (doveroso ) a Renato‬ ‪‎Bialetti‬.

Fu lui a dare l'incipit dell'omino coi baffi che dal 1958, partendo dal ‪Carosello‬, diventò l’icona di tutti i prodotti Bialetti, a cominciare proprio dalla celebre moka per mano del disegnatore e artista Paul Campani. 


Il padre ‪Alfonso‬ nel 1933 inventò la moka che Renato decise di esportare commercializzare all’estero, facendola diventare ‪una vera e propria icona di bellezza e di stile. 
Oggi la ‪caffettiera‬ è esposta come al ‪Moma‬ di ‪New‬ York e alla ‪Triennale‬ di ‪Milano, quale oggetto ed icona del design italiano.



Una storia tutta italiana quella della famiglia e ditta Bialetti e di Renato , una storia di design, di qualità, di pubblicità e valore del marchio, di intuizione geniali, di forme non convenzionali di comunicazione.

lunedì 8 febbraio 2016

La chaise longue di Le Corbusier

Il modello della celebre Chaise longue à réglage continu è tratto dalle sedie a dondolo che la ditta viennese Thonet produceva in legno curvato fin dal 1860.


Nell’esemplare di Le Corbusier la differenza è data dalle necessità di fissare la posizione della seduta prima di sdraiarsi. 

Il poggiapiedi ottenuto dal prolungamento dello schienale, forma con quest’ultimo un’unica linea che, completata dalla sagoma del cuscino, richiama quella di una figura umana sdraiata. 

Le Corbusier era ossessionato dal benessere per il corpo umano e in questo suo prodotto, frutto dello studio delle proporzioni e della fisiologia umana, trova la rappresentazione ideale.


Il risultato è quello di una “macchina da riposo” divenuta una delle icone del design internazionale.

lunedì 1 febbraio 2016

Pillole bolognesi _ ArteFiera _ Art City _ Street Art

Il mio legame con Bologna si fa sempre più stretto ed intenso, per le forti amicizie e per gli eventi che ritrovo in questa città.

In occasione di ArteFiera il centro storico bolognese si è animato di eventi ed esposizioni d'arte grazie ad Art City, una sorta di fuori salone. Un evento d'arte diffuso e distribuito tra piazze, gallerie, spazi espositivi che hanno ospitato artisti di ogni tipologia ed estrazione.
Tra le strade della città, un clima colorato, festaiolo, multiculturale, un insieme di luci, colori e suoni che si mescolano tra loro.


Visti i tempi stretti e i vari impegni in città sono state poche le location e le mostre visitate. 
Dopo l'esperienza della prima Bologna Design Week, una particolare emozione mi ha colpito nel tornare all'interno delle sale di Cavallo Spose, ex Atelier Corradi, che questa volta ha ospitato, i libri oggetto di Dante Bighi grafico, artista e fotografo. Oggetti dove grafica e tipografia si uniscono dando vita ad opere uniche affiancati da opere fotografiche contemporanee della casa studio dello stesso Bighi. Ai visitatori inoltre è stata offerta la possibilità di conoscere questo posto grazie ai racconti del curatore, l'architetto Daniele Vincenzi, uno dei massimi conoscitori del luogo creato dall'architetto Enrico De Angeli e tuttora integralmente conservato.

 


Al calare del buio molte le strade che si sono rallegrate grazie a proiezioni e suoni. E' proprio in quei momenti che girovagando per la città, nelle vicinanze del MAMbo abbiamo scovato un piccolo studio fotografico che ospitava un evento esposizione dedicato alla Street Art
Il Fotostudio L+M di Michele Levis ha ospitato Fuori Strada, un percorso fotografico di opere dove una bimba presente in ogni foto crea e attraversa questo percorso tra strade e spazi pubblici divenuti opere d'arte.
Una disciplina, la street art, che va al di là dei semplici graffiti e che incorpora tecnica artistica e legame con il tessuto urbano e sociale del luogo. Le splendide catture fotografiche di Michele Levis e Salvatore Curcio, fuoriuscivano dall'allestimento realizzato da Lorena Zuniga ed Emanuela Iannuzzelli, le quali hanno ricreato un ambiente di strada, armonizzando così con un unico stile fotografia, video e musica.




Un buon bicchiere di vino con questa allegra compagnia, è stato un modo eccellente per concludere una giornata all'insegna dell'arte!