giovedì 31 marzo 2016

ZAHA HADID + 1950 - 2016

Sfuggevole e sorridente 
ora vaghi tra le linee curve
che uniscono architetture e cielo.
chapeau




ZAHA HADID 
1950 - 2016 

venerdì 25 marzo 2016

Venezia: compleanni storie e nostalgie.

La tradizione veneziana vuole che il 25 marzo si ricordi la fondazione della famosa città lagunare, divenuta in breve tempo una tra le città più importanti d'Europa e unica nel mondo per il suo assetto urbanistico ed architettonico.

Ben presto Venezia divenne anche capitale di una Repubblica dalla storia senza eguali al mondo, con bandiera, territorio, moneta e leggi.

La nascita della città lagunare si fa risalire al 25 marzo 421 quando a Rivo Alto venne eretta la chiesa di San Giacomo, sulle sponde dell'attuale Canal Grande, per volontà e impresa di un famoso carpentiere quale voto per essersi salvato da un incendio.



Nel giorno del compleanno della città lagunare vi propongo un recente racconto dell'amico e architetto Franz Falanga. Una  una storia nostalgica, una di quelle storie che con il passare del tempo andrebbero altrimenti perse e dimenticate.



NOSTALGIA CANAGLIA

Sto parlando della mia nostalgia di Venezia. Ieri sera, prima di andare a nanna, mi sono fatto un nostalgico ripasso di fatti che mi legano a filo doppio a Venezia. Pensavo alla parola “zattere”.

All’oggi le Zattere sono una bellissima fondamenta che dà sul Canale della Giudecca, che è costellata da deliziose pensioni, da gran bei bar dove con i miei colleghi dell’IUAV, tantissimi anni fa si andava a berci qualche ombra e a lumare le pupe. Alla luce di questa  mia nostalgia, vorrei raccontarvi perché si chiamano “Zattere”.

Come molti di voi sanno, le fondazioni dei palazzi veneziani sono formate da centinaia di pali conficcati nel fondo della laguna. Questi pali i veneziani andavano a tagliarli nei boschi sulle alpi, dalle parti di Feltre, preferibilmente nelle zone boscose esposte a nord. Era importante  che gli alberi fossero, fin dalla nascita, sottoposti ad una grande umidità. Tagliati i tronchi, formavano con essi delle grosse “zattere” che poi lasciavano andare nel Piave e negli altri fiumi che sfociavano nei dintorni di Venezia. Arrivate in laguna, le zattere venivano tirate sul bagnasciuga del Canale della Giudecca e colà  lasciate per almeno un paio di anni, perchè in questo modo, ogni sei ore venivano ricoperte dall’alta marea per poi tornare in secco con la bassa marea. Questo va e vieni di acqua, faceva, come dire, abituare i tronchi a vivere e a stagionarsi nell’acqua senza soffrire.

Passati gli anni era arrivato il momento di piantare sul fondo del mare, in laguna, questi tronchi uno aderente all’altro. E qui la grande professionalità, il magnifico magheggio  dei piantatori di tronchi. Si  usava una barcone con il fondo piatto dove venivano caricati diversi tronchi. Gli uomini che lavoravano su ogni barcone erano due. Ogni barcone aveva una grossa pietra cilindrica del diametro di una quarantina di centimetri, pesante una mezza quintalata. La pietra era fasciata da due cravatte di ferro, alle quali erano a loro volta saldate quattro maniglione, due per parte. Con una tecnica particolare della quale vi parlerò un'altra volta, questi due piantatori di pali prendevano la pietra tenendola per le maniglie e picchiavano su un accrocco  di pali legati a prua in una maniera particolare e così, bum bum, un paio di  mazzate dietro l’altra, infilavano i pali nel fondo marino.

A qualcuno piacerà sapere  che canzone usavano cantare i battipali durante le loro lunghissime ore di pesante fatica. Vi scrivo qui le nobili parole di questa canzone, che potrebbe essere considerata l’inno ufficiale dei piantapali così come la Marsigliese è l’inno ufficiale della Francia.

Eccovi dunque il testo: “Il cueo de mio nonno ha tratto un subio, bum bum (due colpi di pietra) che i pescaori in mar credea marubio, bum bum, il cueo de mio nonno ha tratto un subio, bum bum, che i pescaori in mar credea marubio”.
Pausa e poi si ricominciava a picchiare sull’accrocco, finchè il palo non era stato infilato in acqua e nel fondale a regola d’arte.

Per i non veneziani traduco le gentili parole della canzone. “Il culo di mio nonno ha fatto un peto, che i pescatori in mare credevano fosse un maremoto, il culo di mio nonno ha fatto un peto eccetera eccetera.

Ecco che cosa ho pensato ieri sera in preda ad una furibonda nostalgia della venezianità che conosco bene così come ben conosco la baresità. 
franz falanga

sabato 19 marzo 2016

SPAZIOCASA 2016 a Vicenza: tra sostenibilità e design

Nello spazio espositivo vicentino in questi giorni è di scena SPAZIOCASA, un appuntamento che mette al centro dell'attenzione la CASA, passando dal comfort alla sostenibilità, dall'arredamento al design.




Tra i numerosi stand di alto livello e qualità, spiccano due aree di particolare interesse, che già dalla scorsa edizione stanno riscuotendo un notevole successo.

La prima è quella denominata area Comfort dedicata all’edilizia sostenibile grazie all'impegno e alla partecipazione dell’Agenzia CasaClima di Bolzano del CasaClima Network Vicenza – Bassano, istituzioni che hanno selezionato e coordinato espositori ed eventi al fine di offrire al pubblico informazioni e soluzioni attuali ed innovative per pensare in maniera diversa il patrimonio edilizio esistente e futuro.
Un luogo privilegiato per riflettere e confrontarsi sui temi del risparmio e dell'efficienza energetica, sostenibilità e comfort abitativo.

La seconda area degna di particolare nota è quella dedicata alla collaborazione e partnership con ISAI – Istituto Superiore d’Architettura di Interni “Pier Giacomo Castiglioni”, dove trova spazio il progetto Design Research sotto la direzione artistica di Ivano Vianello
Il concept è articolato nell'esposizione di oggetti ed opere di sette importanti studi di designer italiani quali: Massimo Barbierato, Clique Editions, Gaetano Di Gregorio, Gumdesign, Kanz architetti, Ivdesign, Zp Studio, e la mostra degli sgabelli progettati dagli allievi ISAI



E' proprio in quest'area che ho trascorso la maggior parte della mia visita a questa manifestazione.

E' stata l'occasione per poter assistere ad un intervento di Horge Perez sul tema Comunicare un progetto nel 21° secolo.


Una visione innovativa della comunicazione del design e del progetto in genere, che rimette al centro l'uomo nella sua funzione di utente finale dell'oggetto o del progetto che si va a presentare.
L'obiettivo finale è quello di presentare oggetti che non sono opere d'arte ma cose che hanno una funzione ed un utilizzo.
Secondo Horge Perez la comunicazione del progetto richiede oltre ad una estrema velocità e versatilità per rimanere al passo delle richieste e delle esigenze del committente, una grande multidisciplinarietà per poter avere una comunicazione completa ed efficace: dalla progettazione alla presentazione, dalla visualizzazione alla pubblicazione, dall'aspetto economico alla divulgazione in eventi e media.
Un lavoro che solo un team di differenti professionisti ed affiatato può affrontare con successo.




A seguire un secondo incontro con i GUMDESIGN (www.gumdesign.it).
Gabriele e Laura sono due creativi, architetto lui, designer e grafica lei, una coppia nel lavoro e nella vita. 


La presentazione e la descrizione di alcuni dei loro oggetti e opere, si è trasformata in un vero e proprio racconto del loro percorso creativo e progettuale, animato da una grande passione ma anche da una forte componente emozionale. 
Forse è proprio il loro particolare legame, professionale ed affettivo che aggiunge questo tocco particolare al loro lavoro.


martedì 15 marzo 2016

Quando la musica ed il design si incontrano... Vinile, stile vintage.

Figlio del già famoso 78 giri, il vinile è passato alla storia per essere stato uno dei maggiori supporti per la memorizzazione di segnali sonori prima dell’avvento della tecnologia digitale.


A dire il vero l’inizio di questa straordinaria avventura si deve all’ideazione già nel 1888, da parte di Berliner, di un disco a piastra con dei solchi realizzato per essere inserito ed utilizzato nei giocattoli parlanti.

Questa prima tipologia di disco, che funzionava a 70 giri al minuto, fu utilizzata per quasi un decennio esclusivamente nei giocattoli per poi iniziare ad essere utilizzata per la registrazione e diffusione di suoni e musica. Solo nel 1925 l’evoluzione tecnica porta ad ottenere un disco a piastra realizzato in gommalacca e funzionante a 78 giri al minuto, che permise di ottenere un maggiore tempo di registrazione e di ascolto.



Si deve aspettare il 1948 per veder la nascita del primo vinile che si differenzia dai 78 giri per il materiale con cui è realizzato. Il nuovo supporto anziché in gommalacca viene realizzato in PVC grazie al boom economico del dopo guerra ed all’evoluzione della tecnologia chimica. L’utilizzo di questo materiale innovativo ha permesso la realizzazione di solchi più piccoli che hanno portato alla diminuzione a 33 giri al minuto e al conseguente ulteriore aumento del tempo di ascolto.

Il vinile si presentava come un disco a piastra nero, ma proprio l’innovativo materiale ha permesso nel tempo la realizzazione anche di dischi di colorazioni differenti per una scelta esclusivamente commerciale ed estetica.


L’utilizzo in massa del vinile ha avuto una vita lunga e felice resistendo anche all’avvento della musicassetta negli anni ottanta. Solo l’avvento del compact disc negli anni novanta ha decretato il declino e la fine dell’era del vinile.

Nonostante questo calo della produzione e delle vendite del vinile, che non è mai stato totale, i puristi della musica e alcuni cultori del vinile e dell’alta fedeltà continuarono ad acquistare ed utilizzare i dischi a piastra in virtù della maggior naturalezza resa dal supporto analogico rispetto a quello digitale.

Anche molti dj, nonostante l’avvento della tecnologia digitale, hanno continuato ad utilizzare il vinile nelle loro attività e performance. Non a caso la distribuzione destinata alle radio ed ai dj ha continuato ad essere sviluppata anche in vinile, oltre che su cd.

Da alcuni anni la produzione e la vendita del vinile, sia per nuove registrazioni sia per ristampe, sono tornate a crescere notevolmente, nonostante raggiungano una piccola percentuale delle vendite complessive legate al mondo musicale.

Keith Caulfield direttore per una delle più prestigiose classifiche internazionali in riferimento alla crescita della ripresa del vinile ha dichiarato "Una crescita folle, che trova il suo fondamento in un mercato dal potenziale non ancora pienamente sfruttato. Il vinile raggiunge due tipi di consumatori: quelli più anziani che lo ricordano con affetto e magari posseggono ancora un giradischi, e quelli più giovani a cui piace avere in mano una copia fisica del disco e ammirarne la copertina".

Parallelamente si è sviluppato un particolare lettore laser che permette di utilizzare i vecchi vinili senza danneggiarli ed usurarli.


La crescente attenzione al modernariato e al vintage nel campo dell’arredamento e del design ha fatto crescere l’interesse per il vinile anche in questo settore.
Sono molte infatti le rielaborazioni ed i riutilizzi di vecchi dischi danneggiati o non più utilizzati per creare arredi e complementi d’arredo. Altri oggetti meno pregiati nascono invece copiando le fattezze dei vecchi dischi senza utilizzarne di originali.


Un particolare progetto legato proprio al riuso del vinile, è portato avanti da un’azienda ungherese che trasforma in occhiali i vecchi dischi recuperati nei mercatini di Budapest.

Per i cultori e gli appassionati del vinile si trova un po’ di tutto, dalle ciotole da cucina alle tovagliette, dai fermalibri ai blocchi per appunti, dagli orologi ai lampadari.


Sempre e solo con un inconfondibile stile vintage.

giovedì 10 marzo 2016

Meraviglie da cantiere

I cantieri non sono solo mattoni e cemento.
A volte si cela ben di più, sublimi dettagli e materiali pregiati.








marzo 2016 . fotografie di giorgio de luca

giovedì 3 marzo 2016

Tieni in mano un pezzo di legno, lo annusi, ne intuisci le potenzialità. Nicola Tessari, artigiano e designer del legno, si racconta.

La cosa più interessante della partecipazione ad eventi ed esposizioni di architettura, design o arte, è conoscere persone dalla creatività innata e dalle straordinarie capacità artistiche. A volte questi creativi, architetti, designer o artisti che siano, hanno qualcosa di più: fanno trasparire la loro bellezza di persone a tutto tondo, uscendo dal “solo” ruolo di bravi professionisti.
Questo è quanto è accaduto conoscendo Nicola Tessari, artigiano vicentino dal percorso quantomeno insolito, che con passione lavora il legno nel suo studio laboratorio. Un luogo impregnato da quel magico calore e profumo che solo il legno sa e può offrire.


gdl Partiamo dal tuo percorso. Gli studi sembravano portare da tutt’altra parte, così come le tue prime esperienze professionali. E poi cosa è successo? Cosa ti ha portato a modificare così profondamente, almeno questa è la sensazione, la tua professione?
NT Ad un certo punto della mia vita mi accorsi che il mio lavoro non mi dava più tanto, non ero contento e non vedevo possibilità di ricavarne grandi soddisfazioni.
Aggiungi che le prospettive di un cambiamento rimanendo nella mia area di competenza, complice la crisi, non erano così buone.
Per uscire da una tale situazione ci voleva per forza qualcosa di drastico, cambiare aria era una necessità, mi sono scervellato per un po', ho mandato curriculum cercando di valutare cose nuove, ma alla fine sono stato abbastanza fortunato da intravedere nel mio amore per la lavorazione manuale del legno uno sbocco professionale.

gdl Ritengo che la scelta di una vita da artigiano sia una scelta forte e coraggiosa, ancor più in questo periodo storico, dove tutto sembra avanzare in maniera frenetica, dimenticando a volte conoscenze e saperi apparentemente del passato. Prima di iniziare questa nuova avventura, avevi già sviluppato dei progetti artigianali, o tutto è nato e cresciuto dopo aver maturato questa tua scelta?
NT Come ti dicevo il progetto della falegnameria è scaturito da una passione, ed è stata in assoluto la prima volta per me, a posteriori direi che tutto è nato e cresciuto assieme a questa scelta.
Mi spiego meglio: non è stato un percorso ne breve ne improvvisato, all'inizio era un po' come vedere una luce in fondo ad un tunnel, quindi con la meta in vista il percorso me lo sono dovuto creare passo a passo. Ad esempio, per diventare consapevole dei miei mezzi e per testarmi dal punto di vista tecnico, ho rubato parecchio tempo alla famiglia, spendendomi su oggetti e lavorazioni via via più complesse durante i fine settimana.
È stato un crescendo di studio e di pratica per arrivare alla sicurezza di potere proporre suppellettili e mobili di buon livello estetico e di manifattura.
La pura manualità però purtroppo non basta, quindi nel contempo avevo iniziato anche un'analisi dei costi per il lancio dell'attività. Dopo avere ragionato su come fare il prodotto e sui relativi costi, ho pensato anche a come proporlo, ho sviluppato il mio sito internet ben prima di iniziare a lavorare. La pagina Facebook dello Studio invece è arrivata con l'ufficialità.
Concludendo, ecco perché dicevo che tutto è cresciuto assieme alla scelta: alla fine di questo percorso è finalmente maturata la convinzione di poterci provare, e lasciamelo dire, in tutto questo tempo non sono mai mancati il supporto e la spinta di mia moglie. Senza di lei niente di tutto questo sarebbe stato possibile.


Il laboratorio studio di Nicola Tessari

gdl Ho sempre creduto che lavorare il legno nasca da una determinazione e tenacia non usuale: questo perché a mio avviso, è uno dei pochi materiali che non plasmi a tuo piacimento, ma con il quale devi dialogare e scendere a compromessi, per il solo fatto che è vivo. Ti ritrovi in questa riflessione? La scelta del legno da dove deriva?
NT Mi ritrovo, aggiungerei che lavorare il legno implica l'intermediazione di utensili nel mio caso principalmente manuali, il che richiede una serie ulteriore di competenze  non direttamente collegate con la materia legno: lavorare con uno scalpello o una pialla che non siano affilati a regola d'arte può essere fonte di grande frustrazione.
La scelta? Beh, non è stata una scelta, è stato piuttosto seguire l'amore per il materiale, come lo spiego un innamoramento?
Se devo provarci, la prima cosa che mi viene in mente è la sensazione di meraviglia, tieni in mano un pezzo di legno, lo annusi, ne intuisci le potenzialità oppure ti fai sorprendere da quel che ne può uscire. È un rapporto che si rinnova continuamente, che ti stupisce sempre. Vedi centinaia di volte lo stesso tipo di legno, e c'è sempre qualche nuovo particolare a colpirti, è un po' come ritornare bambini, bocca spalancata e occhi sgranati, una sensazione bellissima!

 

Junglans Regia

gdl Ora raccontaci il segreto di come si sviluppa una tua opera. Come da un pezzo di legno riesci a scegliere quale oggetto ne vuoi ricavare. Vista la particolarità del materiale, riesci sempre a realizzare ciò che hai in mente, o il legno stesso, ti fa modificare il progetto durante la sua esecuzione?
NT Per gli oggetti l'approccio non è sempre uguale, è come un dialogo: può essere che “imponga” al materiale una mia idea, nel qual caso cerco un pezzo che mi consenta di realizzare quello che ho in testa, comunque non di rado in corso di lavorazione il materiale dice la sua e mi fa modificare il progetto; può essere invece che mi metta ad esempio al tornio con un pezzo in origine particolarmente tormentato, e quindi la forma comincia a nascere una volta sgrezzato il blocco iniziale.
Per i mobili invece parto sempre da un progetto, ma anche in questo caso il dialogo con il legno è imprescindibile sia dal punto di vista tecnico, per l'anisotropia del materiale, sia dal punto di vista estetico: la venatura del legno è un elemento pesante nel determinare l'aspetto finale di un manufatto, saperla usare è il vantaggio strategico di un artigiano.
James Krenov parlava con molta ragione, riguardo alla progettazione, di “composizione” piuttosto che di disegno, intendendo che il legno con le sue venature può influenzare pesantemente l'aspetto di un mobile. La valorizzazione del materiale è imprescindibile dal materiale stesso, non può essere anticipata da un disegno a meno che chi disegna non scelga il materiale per il pezzo. Ecco che il valore aggiunto al pezzo dall'artigiano è la maieutica della singolarità, la capacità di lavorare con la specificità del legno.
Non a caso molti mobili di design in legno sono costruiti con un materiale piuttosto anonimo, perché non impatti in modo imprevedibile sulla linea finale.

 
Gioco sulla fasce - tavolo

Esile - tavolino

gdl Una domanda che spesso faccio a chi si occupa di design. Forma o funzione? Quale di queste due caratteristiche vince sull’altra e come si armonizzano tra di loro?
NT Beh, se un oggetto è destinato ad essere utilizzato, funzione, non ci sono santi. Nella mia idea di progettazione la forma deve assecondare la funzione senza snaturare l'oggetto, non amo il design fine a stesso, mi sembra un gioco troppo facile. La vera sfida è il connubio riuscito tra funzionalità e bellezza, riuscire a cucire un vestito bello ed elegante ma che si possa portare una volta scesi dalla passerella.
Come armonizzare forma e funzione dici? Beh, la risposta a questa domanda è un po' il cardine della mia attività, se c'è un segreto è il cosiddetto labor limae, il lavoro di affinamento di un'idea tenendo bene presente che l'obiettivo finale in realtà sono due. È un processo di approssimazioni successive, si modifica, si adatta e si verifica ogni passo alla luce di forma e funzione.

Tutta d'un pezzo - cassettiera

 
Moe/bius #2 e Nejiri arigata - centro tavola

gdl Io e Nicola ci siamo conosciuti ad un evento veneziano, davanti a un buon bicchiere di vino. Ora mentre vi salutiamo, se non vi spiace andiamo a brindare ai suoi successi ed alla sua creatività. Grazie Nicola, salute.
NT Grazie a te, e brindiamo anche ai bei incontri che questa attività mi consente di fare, salute!

 



mercoledì 2 marzo 2016

Visioni parallele ! Piumecadenti + gdltrace

Qualche giorno fa è stato pubblicato il frutto della collaborazione collaborazione con Piumecadenti, il blog dell'amico Mattia Zavarise che ci appassiona ed emoziona con la sua scrittura.


E' questa foto a fare da collante tra due visioni parallele dello stesso punto di vista. Due storie diverse, eppure così vicine. E in queste storie scoprirete anche la storia di Cristoforo, l'uomo della foto.
Io Credo. Storia espressa su Piumecadenti