giovedì 26 novembre 2015

Il design come strumento di differenziazione. Una riflessione del professor Mario Volpe su Food Design ed economia.

Dopo aver avuto il piacere di presenziare all'evento Conversazione a più voci attorno al Food Design organizzato da Delineodesign, ho avuto la possibilità di approfondire i temi della serata con i relatori.

Abbiamo già avuto modo di leggere in un precedente post, il punto di vista di chi legge questo tema con gli occhi dell'estetica, della progettualità, il punto di vista dei designer per l'appunto. 
Dopo aver ascoltato (e letto) le opinioni di Giampaolo Allocco, Alberto Bassi, e Massimo Barbierato, è la volta di Mario Volpe, professore associato di Economia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, il quale partendo da una semplice domanda ci offre un approfondimento sull'importanza del design nel settore del cibo e più in generale dell'alimentare.


gdl La storia del settore alimentare italiano poggia su solide basi, ma è proprio in tempi di crisi che è necessario investire, abbinando storia e innovazione. Quale può essere il ruolo del Food Design in un’ottica di rilancio o rinnovamento del settore alimentare?

Mario Volpe - Design del Cibo.
In una prospettiva economica il design viene visto come uno strumento di differenziazione. Con un duplice significato per l’impresa che mette sul mercato prodotti di design: 
1) creare un prodotto “diverso dal solito”, con una qualità intrinseca ed estetica più elevata dei prodotti standard del mercato di riferimento. Un design adeguato rende il prodotto e la percezione del prodotto da parte dei consumatori come un prodotto non standard, esclusivo e superiore. Questo consente di cogliere un segmento di domanda specifico (segmento premium), con una “disponibilità a pagare” più elevata della domanda indifferenziata per un prodotto omogeneo.
2) Poter operare con un certo “potere di mercato”, il che significa poter vendere il prodotto ad un prezzo più elevato rispetto al costo di produzione. Questo è possibile perché la percezione del prodotto differenziato da parte dei consumatori crea una domanda specifica per l’impresa. E su questa domanda specifica l’impresa ha un certo grado di monopolio; detto in altri termini, dato che solo l’impresa stessa può produrlo, non è sottoposta ad una concorrenza di puro prezzo da parte delle altre imprese.
Ovviamente dal lato della produzione il design riguarda l’intero processo produttivo, l’intera catena della produzione (supply chain). Dare una certa forma e un certo design richiede la ridefinizione di fasi della produzione (dalla progettazione alla produzione, alla distribuzione e alla logistica). E altre volte è la fase a monte che richiede una re-ingegnerizzazione delle fasi a valle. In altre parole spesso il design è motore dell’innovazione, sia di processo che di prodotto.
Quanto valgono queste argomentazioni per i settori agro-alimentari e per il cibo in particolare, dove le caratteristiche rilevanti sono quelle della qualità, delle caratteristiche organolettiche delle materie prime, della genuinità e della adesione a regole e norme tradizionali di processo e di conservazione? 
E’ chiaro che per quanto riguarda produzioni agro-alimentari di larga scala il design, non solo del prodotto finale o del packaging, ma dell’intero processo produttivo, , ha creato notorietà, reputazione, valore.
Ma in una situazione in cui i consumi si sono rarefatti e si è più attenti alla qualità e al valore dei beni agro-alimentari, non è forse vero che il design appare come una caratteristica estetica poco rilevante?
Non è forse vero che nei prodotti agro-alimentari le regole comunitarie consentono un marketing basato sull’origine territoriale (vietato invece per i prodotti manifatturieri), riconoscendo già nell’origine dei prodotti e nei disciplinari locali il valore di differenziazione dei prodotti? In questi casi, che ruolo può avere il design?
A mio parere il design del cibo ha invece uno spazio importante, proprio per valorizzare le caratteristiche di qualità dei prodotti. Il design è uno strumento potente per raccontare e comunicare i valori dei prodotti locali. E’ uno strumento per raccontare l’origine dei beni, le tradizioni cui i prodotti si riferiscono, la naturalezza e l’autenticità dei prodotti e dei processi di trasformazione cui sono sottoposti. 
Per il cibo, il design rappresenta dunque uno strumento di valorizzazione della differenziazione, che è già insita nei diversi prodotti. Certo in questo caso si tratta di uno strumento “a valle”: il design dovrà trovare il modo di enfatizzare l’autenticità e i valori di un prodotto che è già diverso perché viene da un certo luogo, con precipue caratteristiche ambientali e di tradizione. Ma possiamo anche immaginare situazioni in cui il design opera come driver di innovazione: rispettando la provenienza, ma suggerendo nuovi modi di garantire il processo (ad esempio con forme che consentano la tracciabilità), nuove forme per comunicare la cultura dei territori, nuove prospettive per un consumo congiunto di prodotti diversi.

Ringrazio il professor Mario Volpe per questa sua riflessione sul legame tra Food Design ed economia. 
Colgo inoltre l'occasione di ringraziare ancora una volta Giampaolo Allocco e ai relatori della serata, per l'organizzazione di questa iniziativa finalizzata ad allargare lo sguardo su un settore in continua crescita ed evoluzione quale il Food Design.

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