Con piacere ospito ancora una volta l'amico e architetto Franz Falanga con una nuova riflessione sulla progettazione e sull'architettura.
L’ARCHITETTURA SECONDO ME
Chi per mestiere costruisce involucri e oggetti per l’uomo ha il dovere di conoscere che tipi di persone andranno a vivere (non ho detto abitare) negli involucri medesimi. Basterebbe, agli inizi degli studi, insistere sul concetto che gli studenti architetti devono assolutamente rendersi conto che le loro future modificazioni formali del territorio dovranno servire a farvi vivere le persone, e non a farle colà abitare.
Conoscere le persone e i loro meccanismi dello stare insieme per permettere loro di vivere degnamente nell’architettura pensata e costruita, l’analizzare i loro modi di comportarsi, le loro maniere di rapportarsi alla cronaca e alla storia è operazione fondamentale per il progettista. Lo sciocco e aristocratico rifiuto della conoscenza diretta della realtà quotidiana e delle mutazioni che l’hanno modificata dalle fondamenta ha sempre generato e continuerà a generare mostri nel campo dell’architettura e quindi della società che ne usufruisce.
Parlo delle mutazioni che, dall’immediato secondo dopoguerra, hanno caratterizzato la vita italiana, mutazioni che hanno ovviamente contribuito a modificare la storia solidificata delle città, che non è altro che l’urbatettura e il design, a sua volta a scala più piccola.
franz falanga
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